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La memoria corporea nel bambino è una realtà sempre più studiata dalla psicologia e dalle neuroscienze. Le esperienze precoci, anche prima della nascita, possono lasciare segni nel corpo e influenzare la capacità di regolazione emotiva nell’età adulta.
Di solito pensiamo alla memoria come qualcosa che riguarda solo la mente. Ma studi recenti in psicologia e neuroscienze ci dicono che il corpo tiene traccia delle esperienze, anche quelle vissute quando un bambino è molto piccolo e non ha ancora un vero linguaggio e una memoria cosciente.
È possibile, quindi, che il corpo del bambino ricordi una tensione provata durante la gravidanza? E in che modo queste esperienze così precoci possono influire sul nostro modo di gestire le emozioni da adulti?
Questo articolo esplora come il trauma precoce può plasmare lo sviluppo neurologico del bambino e cosa possiamo fare per favorire un cambiamento positivo.
Memoria corporea e prime esperienze: cosa dice la scienza?
Secondo la psicoanalista Alice Miller e vari studi neuroscientifici, le esperienze durante la gravidanza e nei primi mesi di vita possono lasciare tracce nel sistema nervoso del bambino, creando memorie corporee. Non parliamo di ricordi veri e propri, ma di reazioni automatiche del corpo a certi stimoli, come il contatto fisico, il tono della voce o segnali di pericolo. Il corpo impara a reagire, anche senza parole.
Il cervello del neonato: un sistema emotivo in sviluppo
Nei primi anni di vita, il cervello è guidato da aree come l’amigdala e il sistema limbico, che si occupano delle emozioni e di segnali di minaccia. La corteccia prefrontale, che gestisce il pensiero razionale, non è ancora sviluppata. Quindi, un neonato non può dare un significato razionale a ciò che accade, ma può avvertire disconnessione o tensione come una minaccia. Questo attiva il sistema di stress, rilasciando cortisolo, l’ormone dello stress.
Stress prenatale e memoria implicita
Durante la gravidanza, il feto percepisce gli ormoni della madre, il tono della sua voce e il battito cardiaco. Se la madre è sotto stress, il bambino riceve questi segnali, il che può influire sullo sviluppo del suo cervello. La memoria implicita si sviluppa a livello sensoriale e corporeo, registrando se l’ambiente è sicuro o pericoloso. E questi schemi di sopravvivenza possono rimanere attivi anche da adulti, generando ansia e ipersensibilità.
Rischio di cronicizzazione
Se queste attivazioni si ripetono, anche senza traumi evidenti, possono creare un sistema nervoso sempre in allarme, reattivo agli stimoli sociali.
Lo psichiatra Bessel van der Kolk, nel suo famosissimo libro “Il corpo accusa il colpo” (2014) spiega:
Il corpo ricorda quello che la mente dimentica. Tensioni muscolari, postura, battito cardiaco…tutto può essere un ricordo corporeo.
Si possono rielaborare queste tracce?
Sì, anche se queste memorie non possono essere richiamate direttamente, possono essere cambiate attraverso il lavoro terapeutico. Alcuni metodi che funzionano bene includono l’approccio E.M.D.R., e la terapia della Gestalt, che si concentra sul presente e sulla consapevolezza del corpo.
Conclusione
Il corpo non dimentica ciò che ha vissuto in momenti di vulnerabilità. Ma può anche apprendere nuove esperienze di sicurezza e stabilità. Quindi, le memorie corporee non sono una condanna, ma delle tracce che possono essere trasformate in un nuovo cammino.
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